Gianni Clerici agli Internazionali d'Italia by Gianni Clerici
autore:Gianni Clerici [Clerici, Gianni]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Baldini+Castoldi
pubblicato: 2023-05-18T22:00:00+00:00
1995
Borroni, miracolo a Roma
Roma, 17 maggio
Saran quattro o cinque anni che il mio paisà comacino Riccardo Piatti, sempre festoso, sempre ottimista, mi prende sottobraccio e mi trascina con lui.
So benissimo come finiscono queste iniziative. Câè in vista un futuro campione o, quantomeno, una speranza. A tutta prima, lâoggetto dellâentusiasmo del coach mi aveva colpito per le dimensioni del cranio e «che crapon» avevo esclamato, venendo subito zittito. «à milanese», aveva informato Riccardo, e il mio interesse si era fatto più vivo, perché dai tempi di Gardini non abbiamo più avuto un grande tennista meneghino, e nemmeno lombardo. Guardo quel giovanotto palleggiare, e vengo subito affascinato dalla disinvoltura, dalla fluidità muscolare, da un bel senso del tempo, un paio di rovesci lift e slice, da un diritto meno naturale ma sempre buono.
«Si chiama?»
«Corrado Borroni.»
«Mi pare che debba imparare a scegliere il colpo. E a metterla dentro.»
Avevo poi perso di vista Borroni. Dalla dissoluzione del club di Riccardo, Le Pleiadi, Corrado aveva dovuto trovare altri coach. La Federazione, tanto prodiga con talenti davvero poveri, non lâaveva aiutato.
Il crapon, che da noi significa anche testa dura, era quindi ritornato alle origini, a ritrovare un maestro di grande qualità , ma di minor fortuna, Aldo Mei, che lâaveva tenuto a balia al Tennis Club Milano. Mei aveva fatto lega con un altro tecnico non integrato, Walter Bertini, che sopra i suoi tre campetti milanesi aveva innalzato la coraggiosa insegna di Tennis Academy, come quella di Bollettieri. à Bertini un altro milanese non bauscia, educato sino a parere introverso.
Dopo il match vittorioso contro Kafelnikov, Bertini ripeteva che Borroni ha bisogno di un altro paio dâanni, per mettere a fuoco quel suo tennis tanto facile ma ancora ondivago. E, come lo stesso Borroni, aveva il buon gusto di sottolineare la giornata infelice del russo, non so se più sciagurato o più stanco. Capace, Kafelnikov, di giocare qualcosa come quarantacinque match di singolare più ventotto di doppio dallâinizio dellâanno, e di ridursi quindi in penose condizioni fisiche, tanto da perdere negli ultimi tre tornei al primo turno.
Niente di trionfalistico, quindi, nella vittoria di Corrado. Soltanto un segnale che abbiamo un altro tennista vivo e che, con incredibili sacrifici, sopravvive anche nel tennis statalista la benedetta iniziativa privata.
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